© by Dimitri NICOLAU 1988 

Intervista al compositore Dimitri Nicolau
di Federico Mondelci  (*)

Quando inizia la tua carriera di compositore

Molto presto, ancora studente, all'età di 13 anni ho scritto il mio primo lavoro, una sonata per mandolino e pianoforte e poi un pezzo per oboe, al centro della quale compariva un ritmo di 7/8.
Il fatto di comunicare servendomi di una notevole varietà ritmica, un continuo cambiare si è manifestato piuttosto presto: tengo a precisare che all'epoca non conoscevo affatto compositori quali i Bartók o Stravinskij. Amavo ascoltare la musica popolare greca, poi, dopo qualche anno, son venuti Vivaldi, Mozart, Beethoven, Schubert, Mahler e Lutoslawsky e tutto quello che mi colpiva. Tornando alla questione della varietà ritmica devo dire che soprattutto nella musica che ho composto successivamente non ho mai “piegato” la melodia al ritmo ma ho sempre creato un ritmo melodico in continuo movimento e cambiamento. Questa semplice dizione: ritmo melodico, è stata oggetto di studio e di approfondimenti da un musicologo molto attento quale J.G. Papaioannou. La cosa divertente è che anche mio figlio qualche tempo fa mi diceva divertito : … tu non farai mai una lira perché non ripeti mai, la tua musica cambia sempre!  Certamente il minimalismo non mi ha mai convinto ne piaciuto, anzi, permettimi la cattiveria, io ho sempre detto che per scrivere musica minimalista occorre una grande dose di stupidità.

Potremmo dire che come avvenne per Bartòk la tua musica trae ispirazione dalla cultura popolare della tua terra d’origine: le danze popolari e i canti hanno quindi esercitato una sorta di “imprinting” creativo in te?

Forse il termine non è esatto per il modo di procedere ma diciamo che il mio rapporto con la musica popolare (della gente del popolo e non popolare nel senso del consumo e dell’audience) è basilare. La musica greca si sviluppa prevalentemente in senso orizzontale al contrario della musica occidentale che, per intenderci, ha avuto uno sviluppo in senso anche verticale e quindi con il conseguente sviluppo di tensioni armoniche. Tale fenomeno ha per conseguenza uno sviluppo di ritmi complessi che appaiono ampiamente in tutta la musica popolare.

Quali sono i compositori del '900 ai quali ti senti particolarmente legato?

Devo dire che il 1965, anno del mio arrivo in Italia, coincide con la scoperta di un compositore che allora ignoravo: Bruno Maderna. Di lui mi colpì (come anche nei suoi lavori successivi) la libertà espressiva, la non paura di essere “melodico”. Questa scoperta confermava che la mia esigenza di creare musica espressiva procedendo per emozioni e non per logica non era follia. Altri compositori che ricordo sono N. Skalkottas, C. Ives, W. Lutoslawski, D. Shostakovic ...


Quali sono state le tappe fondamentali della tua carriera?

Non amo parlare dei successi o degli insuccessi, tuttavia spesso segnano loro stessi delle tappe, o meglio, delle scoperte e conferme, fatti che per forza di cose poi devono essere elaborati, approfonditi.
E' il caso della realizzazione del 6° Quartetto per Archi op.28, cosiddetto “delle campanelle”, avvenuta nell'ottobre del '78 all'Acc. di S. Cecilia in occasione del festival degli Incontri Musicali Romani, che ha rappresentato per me una tappa fondamentale della mia attività di compositore. Questo pezzo rappresenta un po' il riassunto di un periodo compositivo nuovo iniziato nel 1975 con “La melodia ritrovata”, periodo durante il quale c'é stata in me la ricerca di fondere la componente materica del suono con la mia concezione musicale basata sull'espressività e il libero procedere nella composizione: è stato, per così dire un percorso di partenza dalla “musica concreta” per arrivare alla “concretezza della musica”. Lo stimolo fondamentale per cercare aspetti nuovi è stata la lettura della nuova teoria di M. Fagioli che teorizza una origine della realtà mentale sana, una psiche sana e non perversa come avevamo ereditato con violenza dalla cultura dominante freudiana. Il lavoro è anche piaciuto molto, è stato addirittura bissato, anche per la bravura degli interpreti, i bravissimi Solisti di Roma.

Potresti spiegare come riesci a far convivere nella tua musica gli elementi fotkloristici con un linguaggio musicale contemporaneo, non di raro aperto alle innovazioni portate dalle più recenti ricerche strumentali?

Mi viene da dire che la musica popolare in generale è come la base, la vitalità per il compositore, che è sì assolutamente fondamentale ma che da sola non basta per una creazione artistica. Essa va integrata con la conoscenza che deriva da un profondo e concreto rapporto-confronto (per dirla in breve) con la musica dei grandi autori.
Dal momento che il compositore cerca di esprimere e di comunicare, è naturale che cerchi di integrare le sue conoscenze con le nuove possibilità materiali e tecniche che uno strumento  o uno strumentista può offrire.
Il “materiale” sonoro fornito dallo strumento o dalla voce umana rappresenta una fonte dì ispirazione incredibile, basti pensare all’originalissimo lavoro di Janacek che molto prima di Bartòk andava a “registrare” il suono interno delle espressioni della sua lingua tra la gente. Ogni possibilità, offerta dalle ricerche in ambito delle nuove tecniche, rappresenta quindi un materiale degno di attenzione che opportunamente considerato in chiave compositiva può rivelarsi fondamentale e suggestivo per la cre­azione.


Quando hai utilizzato il sassofono per la prima volta?

Nel 1975. L'ho utilizzato per la prima volta nel brano orchestrale “La melodia ritrovata”. Successivamente ho avuto modo di ascoltare il KONZERTSTUCK per due sassofoni di Hindemith in una bellissima interpretazione, che mi ha colpito molto, così ho pensato di comporre un brano per due sassofoni e pianoforte anche per la sollecitazione di B. Nicolai. Così è venuto fuori in soli tre giorni la composizione “Nel sogno una rosa” op.57

Dal '85 la tua produzione di brani per sassofono è diventata ricchíssima, sarà quindi utile illustrarla.

Dopo l’op.57  citata prima, ho scritto nel '86 il PRIMO QUARTETTO op.61 per sassofoni. Da allora hanno seguito: STRASSENMUSIK n.7 (op.51 n.7) per duo di sassofoni (1986) che è praticamente entrato a far parte dei brani d’obbligo per gli esami di diploma anche in Conservatori stranieri. QUARTA SINFONIA op.70 per voce di soprano e orchestra dì sassofoni (1987) MONDELCI'S SONG op.75 per sassofonista che canta (1987), REPONSES A' L'AVANT-GARDE HYSTERIQUE (sonata per sax-alto e pianof.) op.76 (1988), CONCERTO per PIANOFORTE e ORCHESTRA di SASSOFONI op.77 (1988), ALLA DONNA DI FONDO op.80 per sassofono, flauto e pianoforte (1988), LA CASA NUOVA op.82 per sax soprano, alto e baritono (1988) QUARTETTO n.2 op. 34/b per sassofoni (1988), STRASSENMUSIK n.8 ( op.51 n.8)  per sassofono e percussione (1989). Credo e spero che la bellezza e l'espressività di questo strumento “antico” e grazie a molti attuali interpreti che lo rendono sempre nuovo mi costringerà a scrivere ancora tanta musica!

Progetti futuri?

Qualche progetto in preparazione c'é: un concerto per sassofono tenore e orchestra, un doppio concerto per sassofono, tromba e orchestra e ancora un pezzo per clarinetto, sassofono e orchestra d'archi. Vedremo che verrà fuori per primo.


Ringraziamo Dimitri Nicolau per l'interessante colloquio e gli facciamo un augurio per la sua attività. Ricordiamo che le sue musiche sono edite presso le edizioni EDI-PAN, viale Mazzini 6, 00195 ROMA
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* questa intervista è comparsa nella Rivista IL SASSOFONO edito dalla ASI nel 1990.

 

Homepage :
http://www.dimitrinicolau.com
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